Notizie Radicali
  il giornale telematico di Radicali Italiani
  lunedì 29 agosto 2005
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Notizie che non sono notizie dal mondo delle carceri: HIV in carcere. Le denunce dei sindacati della polizia penitenziaria. A Sollicciano si muore…

di Valter Vecellio

L’HIV nelle carceri lombarde.

Il 5,2 per cento dei detenuti delle carceri lombarde risulta essere positivo all’HIV, il 12,8 per cento ai virus delle epatiti B e C. Sono i dati parziali relativi a “Protest”, il progetto pilota della regione Lombardia per prevenire il diffondersi delle malattie infettive nelle carceri, illustrato in occasione della presentazione de “L’Agorà penitenziaria. La salute: presupposto del recupero sociale”, un convegno che si terrà a Napoli dal 4 al 6 giugno organizzato dalla SIMSPE (Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria onlus).

 

Giustizia: l'Osapp; il governo dimentica la Polizia Penitenziaria.

“I mille militari in più che ha deciso La Russa, e che ha annunciato a “Porta a porta”, nulla aggiungono all’incredibile sforzo che sta facendo, in questo momento, la polizia penitenziaria". Lo ha dichiarato Leo Beneduci, segretario generale dell’Organizzazione sindacale autonoma della polizia penitenziaria (Osapp), sottolineando che “probabilmente il governo è più propenso alla legge marziale che alla tutela di certi diritti che interessano oltre 40 mila persone. Soprattutto in questo momento quando abbiamo una popolazione carceraria che ha superato le 63.000 presenze, a fronte di non oltre 43.400 posti disponibili, e quando l’esecutivo non intende minimamente implementare la forza lavoro, con un piano carceri assurdo, che invece vuole portare avanti”.

Beneduci ricorda che da una parte “si tagliano le risorse e gli stipendi, e dall’altra si decide per l’impiego e il potenziamento di militari nei servizi che dovrebbero garantire le altre forze dell’ordine. Con l’unico effetto che presto con gli attuali trend di crescita della popolazione detenuta (mille ogni mese), dovremo prevedere l’impiego di altrettanti militari anche per la sorveglianza esterna delle carceri”.

 

Giustizia: Amapi; situazione è invivibile per il sovraffollamento.

300 Medici Penitenziari provenienti da tutta Italia si riuniranno al Castello di Gargonza il 4-5-6 Giugno 2009 - per il 32° Congresso Nazionale di Medicina Penitenziaria, organizzato dall’Amapi (Associazione Medici Assistenza Penitenziaria Italiana). All’ordine del giorno la drammatica situazione in cui si trovano i 64.000 detenuti (2.650 sono donne) rinchiusi nelle 210 carceri italiane. Numeri mai raggiunti nella storia del nostro Paese. Le preoccupanti condizioni di sovraffollamento creano un clima di difficilissima convivenza. “l carcere”, dicono gli organizzatori, “è divenuto una bomba capace di esplodere di rabbia in ogni momento. L’Amministrazione Penitenziaria ancora una volta si lascia cogliere assolutamente impreparata, né tanto meno la sbandierata idea di mettere in costruzione altre carceri risulta facilmente percorribile, in quanto per costruire un carcere occorrono 8-10 anni. L’idea delle navi galleggianti è patetica e grottesca per tutte le implicazioni che comporta sul piano dell’organizzazione. Sembra una buona idea per carnevale. Si registrano limiti di violazione dei diritti umani. La situazione è invivibile. Le carceri costituiscono una miscela esplosiva: 16.000 tossicodipendenti (di cui 2.167 in trattamento metadonico). 21.400 extracomunitari (tra cui 2.500 albanesi, 3.900 marocchini, 1.950 tunisini, 1.100 algerini). 5.200 affetti da epatite virale cronica (Hbv e Hcv). 2.500 sieropositivi per Hiv. 6500 disturbati mentali. Nel corso dell’anno 2007 si sono registrati 44 suicidi, 1.110 tentativi di suicidio, 6.450 scioperi della fame, 4.850 episodi di autolesionismo: dati che suonano come un bollettino di guerra, ma che medici ed infermieri si trovano a gestire tra mille difficoltà e con scarsissimi mezzi a disposizione”.

I detenuti, dice il direttore del Dipartimento per la salute in carcere della Regione Toscana  Francesco Ceraudo, “in queste condizioni di gravissimo sovraffollamento, dopo aver perso la libertà, rischiano di perdere la salute". Le recenti cronache hanno riportato negli ultimi tempi alla ribalta il tema del suicidio in carcere. Fino al 30 aprile sono stati 22 i suicidi in carcere nel 2009.

 

Foggia: il carcere scoppia; fino cinque detenuti in celle per due.

La lettera scritta alla “Gazzetta del Mezzorgiono” da un detenuto del carcere foggiano è firmata simbolicamente: "i discriminata di massa". Si denuncia una situazione - il sovraffollamento delle celle - confermata da chi lavora nella casa circondariale.

Le cifre datate 27 maggio parlano di 736 detenuti rinchiusi nella struttura, a fronte di una capienza di 390 persone. In pratica, nelle 13 sezioni del carcere di Foggia c’è quasi il doppio dei detenuti previsti: celle costruite per due reclusi, ne ospitano quattro o cinque.

Il 20 per cento della popolazione carceraria è rappresentato da stranieri di varie etnie: circa 400 sono invece i detenuti in attesa di giudizio. A fronte di una popolazione carceraria così numerosa, il numero della polizia penitenziaria è di 340 persone, comprese quelle addette alle scorte dei detenuti ai processi e in altre carceri. In alcune sezioni quindi si finisce con un solo poliziotto penitenziario che deve controllare sino a 60/70 detenuti.

In linea teorica il carcere di Foggia (dove esiste una sezione cosiddetta "As", ad alta sicurezza, per gli imputati di mafia (ma non c’è il reparto 41 bis) dovrebbe ospitare non più di 390 detenuti; si arriva invece quasi al doppio.

"Faccio appello al ministro di Giustizia" scrive il detenuto "perché ci possa aiutare a vivere almeno dignitosamente: vogliamo pagare le nostre condanne, ma senza subire soprusi. Perché è un sopruso il sovraffollamento nel quale siamo costretti. Viviamo in condizioni illegali, e questo finisce per essere una beffa vera e propria per la Legge che dovrebbe tutelare la dignità e le condizioni umane: la situazione di invivibilità nelle carcere italiani va avanti da anni".

 

Pisa: il carcere? Vecchio, fatiscente, inadeguato e sovraffollato.

Il carcere “Don Bosco” di Pisa è vecchio, fatiscente, inadeguato, sovraffollato. In questi giorni di arsura, anche spesso e volentieri senz’acqua nelle celle. Il Garante per i diritti dei detenuti è senza un ufficio, un telefono, una segreteria. E’ quanto si ricava da una lettera di un gruppo di detenuti della casa circondariale. Ecco le lamentele.

L’acqua: manca spesso, e "le poche volte che c’è arriva con la ruggine, quindi siamo obbligati anche a lavarci con le bottiglie acquistate da noi presso il carcere". Il sovraffollamento: "Siamo chiusi in 3 nelle celle". Condizioni igieniche: "Persone con l’Aids che dovrebbero trovarsi nel centro clinico sono allocate assieme a quelle sane".

Corsi per la socializzazione: “Gran parte di queste considerazioni sono valide”, ammette il Garante dei diritti dei detenuti Callaioli. “Anche se non è colpa dell’amministrazione penitenziaria locale. L’impianto idraulico è vecchio e carente, senza nemmeno l’acqua calda d’inverno per le donne”.

Il sovraffollamento? “Siamo già ai livelli di prima dell’indulto, con oltre 300 detenuti, molti di più di quanti il Don Bosco potrebbe contenerne. Riguardo alla questione Aids, onestamente il problema in questi termini non mi è stato mai posto”.

I corsi di socializzazione? “Ci sono gli educatori, ma il loro numero è insufficiente e il carico di lavoro enorme, come in tutte le carceri d’Italia”.

Per il Garante non è facile lavorare: "Pur essendo stato istituito da oltre due anni, il mio ufficio non ha ancora ricevuto alcuna risorsa: non un telefono, non una stanza per ricevere i parenti dei detenuti, non una segreteria. Per cui devo fare tutto da solo. Il problema è nazionale. Finché la figura del garante non era strutturata per legge, le singole case circondariali avevano più autonomia e a Pisa ho trovato molta disponibilità da tutti: il dottor Cerri, il magistrato di sorveglianza e così via. Passato il cosiddetto decreto milleproroghe, il riconoscimento della figura del garante è stato inteso in modo molto restrittivo dall’amministrazione centrale. Ho la massima collaborazione della struttura locale, oltretutto oberata da un turnover pazzesco di detenuti, ma poteri limitatissimi".

 

Voghera: istigazione al suicidio dietro morte di Marcello Russo?

"Istigazione al suicidio". È questa l’ipotesi di reato sulla quale sta lavorando la procura della Repubblica di Voghera in merito alla morte del 45enne detenuto Marcello Russo, originario della provincia di Matera.

Un personaggio apparentemente da quattro soldi, uno che si portava via i vestiti dai contenitori della Caritas. In realtà, secondo le accuse di alcuni pubblici ministeri, Russo sarebbe stato un malavitoso di primo piano, sospettato di aver ordinato alcuni omicidi, ma che poi si era pentito. Russo è morto nella sua cella, probabilmente avvelenato dal gas di una mini bombola da cucina, il 23 marzo scorso.

Russo, due giorni dopo, avrebbe testimoniato, come imputato, al processo per il delitto consumato a Castel del Piano (Grosseto), dove venne ucciso Salvatore Conte, l’ex pentito ucciso dai suoi stessi compari e seppellito nei boschi di Gubbio. Russo avrebbe fatto parte di una banda di rapinatori composta da ex pentiti e dedita non solo in Umbria al traffico della droga, delle armi e alle rapine. Banda in contatto con mafia, camorra e Sacra Corona Unita pugliese.

Una settimana dopo la morte di Russo, la madre Addolorata, denuncia: "Non si è ucciso, aveva saputo che veniva trasferito a Perugia e voleva parlare con il pubblico ministero, aveva tante cose da dire". L’avvocato Sara Bressani di Voghera, che assiste la famiglia di Russo, frena: "Lo sfogo di una mamma disperata...".

Ma intanto si muove rapidamente. Il 21 maggio scorso, su precisa richiesta, Addolorata Masiello è stata ascoltata da un ufficiale di polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero vogherese Maria Gravina. Al magistrato ha consegnato anche una ventina di lettere, tutte vergate a mano, di altrettanti detenuti e compagni di sezione di Marcello Russo. In quelle lettere - che comunque vanno prese con estrema cautela - si parla esplicitamente di "omicidio". Parola pesante, che in realtà non significa che qualcuno abbia ucciso Marcello, ma che sia stato lasciato morire.

Secondo alcune indiscrezioni, infatti, Russo, sempre nel carcere di Voghera, avrebbe avuto problemi psicologici seri, un ricovero in isolamento e, forse, dei tentativi di autolesionismo. In un caso, inoltre, avrebbe avuto un malore provocato dal gas della bomboletta. È davvero andata così? Ci sono questi precedenti? L’avvocato Bressani ha intenzione di chiedere chiarimenti su tali aspetti. Si dovrà capire per quale ragione non gli sia stato "revocato" il possesso della bomboletta, vera e propria "arma suicida" nelle mani di un detenuto. Infine, non è escluso che la polizia giudiziaria possa ascoltare alcuni detenuti: tutti, infatti, si sono detti disponibili a testimoniare.

 

Napoli: Antigone; tetraplegico messo in cella per reato del 1995.

E’ stato prelevato da casa sua e trasferito nel carcere napoletano di Poggioreale per scontare una pena detentiva diventata definitiva per un reato del 1995, ma lui nel frattempo è diventato tetraplegico e giace in un letto da anni. A denunciare la vicenda è Stefano Anastasia, difensore civico dell’associazione “Antigone” che si batte per i diritti nelle carceri. L’uomo è stato condannato a sette anni e sei mesi per ricettazione e riciclaggio "e già non è tanto normale - dice Anastasia - andare in carcere quattordici anni dopo. Ma in Italia succede".

"Ciò che invece è stupefacente è - aggiunge Anastasia - portare in carcere un tetraplegico. Come fa un uomo in quelle condizioni ad affrontare una carcerazione neanche tanto breve (più di quattro anni, grazie al benedetto indulto)?". "Dunque viene avanzata domanda di scarcerazione per motivi di salute: sospensione della pena o detenzione domiciliare - spiega Anastasia - Il Tribunale di Sorveglianza nell’udienza fissata al 25 maggio non decise. Non può farlo. Manca la perizia richiesta alla direzione sanitaria dell’Istituto penitenziario". "È passato un mese dalla carcerazione di quest’uomo e il Tribunale si aggiorna al 22 di giugno: un altro mese, in carcere, da tetraplegico".

 

Giustizia: oltre 63.000 detenuti... turni per stendersi in branda.

Un sistema penitenziario che, nei fatti, opera al di fuori della legge: perché se il numero di detenuti tollerabile dal sistema italiano è di poco più di trentamila unità, nei fatti tale numero è stato più che raddoppiato. In base a dati ufficiali, per esempio, in Campania a fronte di una ricevibilità regolamentare di 5.306 posti e una tolleranza di 6.966, si è arrivati a 7.125 detenuti; in Emilia Romagna si è giunti a 3.919 sui 2.270 previsti e 3.761 tollerati; in Veneto a 2.924 sui 1.917 previsti e 2.902 tollerati.

In tutto, in base a dati ministeriali, 63.100 persone detenute, sono oggi chiuse in celle che ne potrebbero ospitare circa 40mila. Una situazione dunque di grave sovraffollamento e degrado in cui pare quasi normale la decisione del direttore del carcere Coroneo di Trieste di istituire un "registro materassi".

Il numero massimo di detenuti per il carcere friulano è di 150, il che significa circa 100 meno di quelli realmente presenti. Concretamente il sovrannumero si traduce in celle da 4 trasformate in celle da dieci, con i detenuti arrangiati alla bell’e meglio. Qualcuno anche per terra. Sovente si tratta di persone indagate che attendono di essere giudicate, quindi presunti non colpevoli, altre volte si tratta di persone malate, oppure di persone condannate, che non per questo devono essere trattate in un modo così distante da quanto prevede la legge.

Per fronteggiare la situazione, ormai grave, la direzione del carcere di Trieste ha dovuto creare "un registro per la rotazione dei materassi a terra": un librone in cui si annota ogni giorno chi ha dormito per terra e che consenta a tutti di coricarsi su una branda almeno per un paio di notti a settimana.

 

Firenze: Sollicciano; detenuto egiziano di 36 anni si è impiccato.

Un detenuto di 36 anni, M.S., nato in Palestina ma di nazionalità egiziana, si è tolto la vita mercoledì scorso, intorno alle 24, nel carcere fiorentino di Sollicciano: l’uomo si è impiccato legando le lenzuola alla finestra della sua cella. M.S. era stato arrestato a Lodi nel 2005 per una rapina finita in omicidio. Era stato messo in una cella singola gli erano stati tolti tutti i lacci e le sue lenzuola erano quelle monouso, fatte di un materiale non resistente, ma lui si ha ugualmente trovato il modo di togliersi la vita.